Lo
screening per la diagnosi precoce del tumore mammario si rivolge alle donne di
età compresa tra i 50 e i 69 anni e si esegue con una mammografia ogni 2 anni.
In quasi tutte
le Regioni italiane sono attivi programmi di screening per la diagnosi del
tumore della mammella. La Asl invia una lettera di invito a tutte le donne
residenti tra i 50 e i 69 anni, con la data, l’orario e la sede dell’appuntamento.
Se effettuato in seguito a questo invito, l’esame è gratuito e non occorre la
richiesta del medico.
Il
tumore della mammella è la neoplasia più frequente nelle donne, tanto che
rappresenta oltre un quarto di tutte le diagnosi tumorali femminili. In Italia
si stima che colpisca circa 37.000 donne ogni anno. Negli ultimi decenni si è
registrato un costante aumento di frequenza di diagnosi, accompagnata però da
una riduzione della mortalità.
Ciò
è stato reso possibile anche dalla sempre più ampia diffusione della diagnosi
precoce che ha permesso di aumentare la quota di tumori identificati ai primi
stadi di sviluppo della malattia, quando il trattamento ha maggiori probabilità
di essere efficace e meno invasivo.
L’esame di screening
Lo
screening per la diagnosi precoce del tumore mammario si rivolge alle donne di
età compresa tra i 50 e i 69 anni e si esegue con una mammografia ogni 2
anni. In alcune Regioni si sta sperimentando l’efficacia in una fascia di età
più ampia, quella compresa tra i 45 e i 74 anni (con una periodicità annuale
nelle donne sotto ai 50 anni).
La
mammografia è un esame radiologico della mammella, efficace per
identificare precocemente i tumori del seno in quanto consente di
identificare i noduli anche di piccolo dimensioni, non ancora percepibili al
tatto.
I
programmi organizzati di screening prevedono che l’esame venga eseguito visualizzando
la mammella sia dall’alto verso il basso che lateralmente. Una maggiore
accuratezza nella diagnosi viene ottenuta dalla valutazione della
mammografia effettuata separatamente da da 2 medici radiologi.
Tra
gli screening offerti dal Servizio sanitario nazionale, quello per la diagnosi
precoce del cancro al seno è quello che all’interno della comunità scientifica
è più dibattuto per il rischio di “sovradiagnosi” ossia di
identificare anche lesioni tumorali, che, però, non avrebbero portato a
morte la donna, ad esempio per una crescita molto lenta).
L’identificazione
di queste particolari forme tumorali comporta l’esposizione della donna
ad approfondimenti diagnostici anche invasivi e al trattamento per una
lesione che non si sarebbe mai trasformata in un tumore invasivo.
Tuttavia,
i vantaggi che una donna ottiene sottoponendosi al percorso di screening sono
più ampi rispetto a questo rischio.
Un
ampio studio pubblicato nel settembre 2012 sul Journal of Medical Screening e
che ha passato in rassegna le ricerche pubblicate sui programmi di screening
per il cancro al seno attivi in Europa ha mostrato che la mortalità si riduce
del 25% per le donne che si sottopongono allo screening e.
Per
ogni 1.000 donne di età tra i 50 e i 69 anni sottoposte regolarmente ai
programmi di screening e seguite fino a 79 anni di età, lo screening permette
di salvare tra 7 e 9 vite e “produce” 4 casi di possibile sovradiagnosi.
Gli esami di approfondimento
Una
positività alla mammografia non equivale a una diagnosi certa di cancro al
seno, anche se indica una maggiore probabilità di essere affette dalla
patologia.
Per
questa ragione in caso di un sospetto, al primo esame seguono ulteriori
accertamenti diagnostici che, all’interno dei programmi organizzati di
screening, consistono in una seconda mammografia, in un’ecografia e in una
visita clinica.
A questi esami può far seguito una biopsia per valutare le caratteristiche delle eventuali cellule tumorali.
A questi esami può far seguito una biopsia per valutare le caratteristiche delle eventuali cellule tumorali.
Soltanto
al completamento di questo percorso si ottiene la conferma della diagnosi e, in
caso di positività, si dà il via all’iter terapeutico.
Il trattamento
Se
gli approfondimenti confermano la presenza di lesioni tumorali maligne, viene
proposto un trattamento secondo un preciso protocollo terapeutico nei centri di
riferimento del programma di screening.
Il tipo di intervento è strettamente connesso al tipo di tumore diagnosticato e al suo stadio.
Il tipo di intervento è strettamente connesso al tipo di tumore diagnosticato e al suo stadio.
Tuttavia,
nella quasi totalità dei casi, il percorso terapeutico per il cancro del seno
prevede un intervento chirurgico per rimuovere i tessuti malati.
Negli ultimi anni, nei casi in cui il cancro sia circoscritto a un’area ristretta, si ricorre alla chirurgia conservativa che consente di asportare soltanto la parte del seno in cui si trova la lesione (è quella che viene chiamata quadrantectomia).
Negli ultimi anni, nei casi in cui il cancro sia circoscritto a un’area ristretta, si ricorre alla chirurgia conservativa che consente di asportare soltanto la parte del seno in cui si trova la lesione (è quella che viene chiamata quadrantectomia).
Gli
interventi, tuttavia, possono se necessario essere più invasivi. Inoltre,
spesso si procede all’asportazione dei linfonodi dell'ascella che rappresentano
la via principale attraverso cui il tumore tenta di diffondersi al resto
dell’organismo.
Il trattamento del cancro al seno può prevedere inoltre il ricorso alla radio e chemioterapia e a specifici farmaci.
Il trattamento del cancro al seno può prevedere inoltre il ricorso alla radio e chemioterapia e a specifici farmaci.
I programmi di
screening prevedono l’invito attivo della donna alla scadenza dei periodi
stabiliti.
Pertanto,
a seconda delle modalità previste dal programma locale, la donna riceverà una
lettera di invito dalla Asl di appartenenza per concordare le modalità e la
data di esecuzione dell’esame.
Lo
screening si rivolge alle donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni (in Emilia
Romagna si sta sperimentando l’efficacia nella fascia 45- 74 anni, con
periodicità annuale nelle donne sotto ai 50 anni), e si esegue con una
mammografia ogni 2 anni.
I fattori di rischio più noti per il tumore al seno
sono:
Predisposizione genetica - Menarca precoce - Menopausa
tardiva - Dieta ricca di grassi.
Tuttavia questi fattori di rischio sono presenti solo nel 30 per cento delle donne. Per esempio la presenza di geni ad alto rischio (BRCA1 e BRCA2) probabilmente incide solo per il 4 per cento di tutti i casi di tumore al seno. Evidentemente quindi sono altri i meccanismo patologici alla base di questo tumore, meccanismi che non vengono presi in considerazione ne dai programmi di screening ne dalle comuni analisi dei fattori di rischio.
Tuttavia questi fattori di rischio sono presenti solo nel 30 per cento delle donne. Per esempio la presenza di geni ad alto rischio (BRCA1 e BRCA2) probabilmente incide solo per il 4 per cento di tutti i casi di tumore al seno. Evidentemente quindi sono altri i meccanismo patologici alla base di questo tumore, meccanismi che non vengono presi in considerazione ne dai programmi di screening ne dalle comuni analisi dei fattori di rischio.
Inoltre se è vero che il 70 per cento dei tumori al
seno avviene proprio in quelle donne che non presentano i classici fattori di
rischio, è altrettanto vero che a rischio sono quindi probabilmente tutte le
donne. Come si sviluppa il tumore del seno. Come negli altri tumori, anche in
quello del seno la malattia inizia quando una cellula (che normalmente non si
divide), perde proprietà di auto-regolazione, si trasforma ed inizia a
dividersi all’infinito. Negli stadi più avanzati alcune cellule possono
staccarsi, infiltrare i vasi ed attecchire in tessuti distanti dando luogo a
metastasi. Questa trasformazione è indotta da tossine ambientali ed alimentari,
scarsa funzione immunitaria, virus, stress, squilibri ormonali e nutrizionali
ed elevato stress ossidativo.
In generale possiamo dividere le sostanze in grado di
stimolare la trasformazione delle cellule mammarie in 2 classi:
- Estrogeni, sostanze estrogeno-simili e
xenoestrogeni: gli estrogeni sono fattori di crescita per le cellule mammarie.
Sebbene essi non siano responsabili del danno genetico che innesca un tumore,
possono favorirne la proliferazione. Vista la ricchezza di recettori per gli
estrogeni nelle cellule mammarie e la presenza massiccia di xeno-estrogeni è
alta la possibilità di stimolazione delle cellule del seno.
- Agenti cancerogeni: sono agenti in grado di indurre
un danno genetico che trasforma una cellula normale in una cellula cancerogena.
Le donne portatrici di mutazioni a carico dei geni BRCA1 e BRCA2 hanno un
rischio quattro volte più alto di sviluppare un tumore al seno. Mettere in
pratica un programma di prevenzione per il tumore al seno.
Come per altri tumori, anche per il tumore del seno è
possibile attuare un programma di prevenzione mirata composto da vari elementi:
1. Favorire un corretto metabolismo degli estrogeni: con estrogeni ci riferisce in realtà a 3
composti: estrone, estradiolo ed estriolo con effetti diversi di stimolazione
sul tessuto mammario. L’estrone in particolare, l’ormone maggiore dopo la
menopausa, ha un’azione di gran lunga più potente dell’estradiolo e
dell’estriolo rispettivamente l’ormone più presente prima della menopausa e
l’estrogeno della gravidanza. Inoltre gli estrogeni possono venire
metabolizzati in modo diverso dando vita a metaboliti tossici e cancerogeni
come il 4-OH estrone e il 16-OH estrone e metaboliti invece protettivi come il
2-OH estrone, sostanzialmente privi di attività estrogenica. Questo diverso
risultato metabolico dipende da un delicato equilibrio enzimatico individuale
ma può essere modificato da interventi semplici come quelli alimentari. Le
verdure crucifere infatti come cavoli, cavoletti e broccoli contengono alte
concentrazioni di Indole-3-Carbinolo (I3C) e Diindolilmetano (DIM) sostanze
capaci di modificare l’attività di specifici citocromi (enzimi del fegato
preposti a metabolizzare tossine, farmaci e sostanze endogene) e di favorire la
formazione di composti protettivi come il 2-OH estrone. Per esempio la
valutazione del rapporto 2/16 OH estrone con semplice esame delle urine è un
indice molto utile in un programma di prevenzione per il tumore al seno. Le
donne con un rapporto basso (e quindi con elevate concentrazioni di 16-OH
estrone) hanno un rischio del 30 per cento maggior di sviluppare un tumore al
seno. É evidente che gli aspetti che riguardano il metabolismo degli estrogeni
sono più importante della presenza degli estrogeni in quanto tali. Infatti la
maggior parte dei tumori del seno si sviluppano dopo la menopausa quando i
livelli complessivi di estrogeni diminuiscono ma l’equilibrio ormonale
complessivo varia così come il metabolismo degli ormoni stessi. È importante
quindi assumere tutti i giorni verdure possibilmente 2 volte al giorno.
2. Evitare la carenza di progesterone: in molte donne già subito dopo i 30
anni la produzione di progesterone cala considerevolmente. Una delle funzioni
del progesterone è quella di proteggere le cellule mammarie dalla stimolazione
estrogenica proteggendole quindi dal rischio tumorale. Valutare eventuali
carenze di progesterone e integrarle con progesterone bioidentico (non
progestinici sintetici ma progesterone con formula analoga a quella del
progesterone endogeno) è importante per garantire una corretta omeostasi del
tessuto mammario.
3. Determinare le predisposizioni genetiche: anche se le conoscenze genetiche
attuali nel campo del tumore al seno permettono di utilizzare con certezza solo
mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2 che sono fattori di rischio solo nel 4% dei
tumori al seno, in casi di predisposizione familiare appare sensato conoscere
la presenza o meno di tali mutazioni. Questo oggi si fa con semplici esami del
sangue o con un prelievo indolore di cellule della mucosa orale.
4. Fare esercizio fisico regolarmente: esercizio fisico regolare ad
intensità corretta è stato messo in relazione ad una riduzione del rischio
relative di tumore al seno del 30% e ad un’aumentata sopravvivenza. Inoltre
l’esercizio fisico aiuta a ridurre il grasso corporeo. È stato visto che un
eccesso di peso anche di solo 5 chili dall’età di 30 anni in poi aumenta il
rischio di tumore del 25 per cento. Il grasso, ricco dell’enzima aromatasi,
contribuisce alla produzione di estrogeni.
5. Ridurre e selezionare i grassi: gli acidi grassi omega 3 contenuti
in noci, pesce, semi di lino sono anti-infiammatori e anti-tumorali. Gli acidi
grassi omega 6 invece contenuti in alcuni oli vegetali e in grassi animali sono
pro-infiammatori e potenzialmente cancerogeni. Un’alimentazione protettiva
dovrebbe dunque limitare i grassi saturi animali, le carni rosse, latte e
latticini, prodotti confezionati contenenti grassi idrogenati e favorire invece
il pesce, le verdure, le noci e i semi naturali.6. Arricchire l’alimentazione
con anti-ossidanti e fibra: l’eccessiva produzione di radicali liberi è una
fonte di danno al DNA. Una dieta ricca di anti-ossidanti aiuta a ridurre
l’impatto di queste sostanze nocive. Verdure e frutta sono ricche di
fitonutrienti che assieme a vitamine come la vitamina A, E e C sono efficaci
nel ridurre lo stress ossidativo. Molto utile è anche il té verde ricco di
sostanze come l’Epigallocatechina 3 gallate dall’alto potere anti-ossidante. La
fibra riduce l’assorbimento di sostanze tossiche e di zuccheri che stimolano la
secrezione di insulina e IGF-1 e agiscono come fattori di crescita sulle
cellule.7. Evitare alcol, tabacco, pesticidi, tossine e stress: ogni fattore
che ha il potenziale di danneggiare la cellula e indurre una sua proliferazione
va evitato in qualsiasi programma di prevenzione tumorale.
Conclusioni
Se con le procedure di diagnosi precoce ci si illude di fare prevenzione e ci si affida in toto ad una tecnologia attribuendole capacità che essa non ha, nella prevenzione si parte sempre dallo stile di vita e da elementi basilari come la nutrizione. Esistono anche interventi più complessi di chemio-prevenzione che possono essere indicati in casi particolari ma la prevenzione di base dovrebbe essere applicata a tutte le donne indipendentemente dalla presenza o meno di fattori di rischio.
Se con le procedure di diagnosi precoce ci si illude di fare prevenzione e ci si affida in toto ad una tecnologia attribuendole capacità che essa non ha, nella prevenzione si parte sempre dallo stile di vita e da elementi basilari come la nutrizione. Esistono anche interventi più complessi di chemio-prevenzione che possono essere indicati in casi particolari ma la prevenzione di base dovrebbe essere applicata a tutte le donne indipendentemente dalla presenza o meno di fattori di rischio.
Fonte: www.salute.gov.it
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