venerdì 7 novembre 2014

Alzheimer: causato dall'uso di farmaci a base di benzodiazepine


Uno  studio recente, svoltosi  da ricercatori francesi e canadesi,  pubblicato nell'ultimo numero del British Medical Journal,  conferma che l’uso di farmaci a base di benzodiazepine, per trattare l’ansia e l’insonnia, sia associato a un aumento del rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer, specie se utilizzate per lunghi periodi (per più di tre mesi consecutivi).
Cosa sono le benzodiazepine?
Le benzodiazepine sono una classe di farmaci psicotropi , vale a dire, che agiscono sul sistema nervoso centrale (cervello e midollo spinale)  modificando alcuni processi chimici naturali (fisiologici).
Porta a cambiamenti di coscienza, umore,  percezione e comportamento.
Provoca un effetto ansiolitico (contro l'ansia), miorilassante (rilassante muscolare), ipnotico (induce il sonno), antiepilettico (contro l'epilessia) e amnesico (causando problemi di memoria).Tra i principi attivi e i nomi commerciali citiamo  i famosi  Valium e Xanax.

I farmaci a base di benzodiazepine sono i più diffusi e prescritti nel trattamento dell’ansia e dei problemi d’insonnia. Tuttavia, non sono esenti da diversi – e spesso pesanti – effetti collaterali. Uno su tutti, l’assuefazione (necessità di dosi maggiori per ottenere lo stesso effetto), dipendenza (difficoltà o impossibilità di interromperne l’assunzione), e la sospensione può causare sintomi di astinenza (recidiva dei sintomi, più tipicamente la potenziale caduta della pressione arteriosa, allucinazioni, psicosi, allucinazioni, convulsioni, malessere).


La Ricerca:
E l’emergenza Alzheimer è reale, con circa 36 milioni di persone che in tutto il mondo ne soffrono – e le cifre sono destinate ad aumentare drammaticamente. Gli scienziati, alla continua ricerca di una causa e di una cura, hanno preso in esame l’identificato aumento del rischio di demenza associato all’uso di benzodiazepine, dato che la natura di questa associazione, causale o meno, rimane poco chiara.
Per questo motivo un team internazionale di ricercatori francesi e canadesi hanno voluto indagare sul rapporto tra il rischio di esposizione alle benzodiazepine e la malattia di Alzheimer, focalizzandosi su una potenziale relazione dose/risposta e sul periodo di tempo di utilizzo.




Per far ciò, i ricercatori hanno utilizzato dati provenienti dal Quebec health insurance program database (RAMQ) al fine di rintracciare lo sviluppo della malattia di Alzheimer in un campione di anziani che vivono in Quebec (Canada) a cui erano stati prescritti farmaci a base di benzodiazepine.
Durante un periodo di almeno 6 anni, gli autori hanno identificato 1.796 casi di malattia di Alzheimer. Hanno poi confrontato ogni caso con 7.184 persone sane abbinate per età, sesso e durata del follow-up. I risultati hanno mostrato che l’uso in passato di benzodiazepine, per tre mesi o più, è stato associato a un aumento fino al 51% del rischio di Alzheimer. E per più tempo si assumevano questi farmaci, più aumentava l’associazione. Infine, gli ulteriori aggiustamenti per i sintomi che potrebbero indicare l’inizio di demenza, come i disturbi d’ansia, depressione o di sonno, non ha alterato significativamente i risultati.



Secondo gli autori, questo ampio studio caso-controllo, dimostra che l’uso di benzodiazepine è associato a un aumentato rischio di malattia di Alzheimer.Tuttavia, sottolineano che la natura del legame non è ancora definitiva, ma l’associazione più forte osservata con le esposizioni a lungo termine «rafforza il sospetto di una possibile associazione diretta, anche se l’uso di benzodiazepine potrebbe anche essere un marker precoce di una condizione associata a un aumento del rischio di demenza».

Lungi dal criminalizzare le benzodiazepine, i ricercatori ricordano che queste sostanze sono «strumenti indiscutibilmente preziosi per la gestione dei disturbi d’ansia e l’insonnia transitoria. Tuttavia, i trattamenti dovrebbero essere di breve durata e non superiori ai tre mesi».
Questi risultati, sono di «grande importanza per la salute pubblica, soprattutto considerando la prevalenza e la cronicità dell’uso di benzodiazepine nelle popolazioni anziane e l’elevata e crescente incidenza della demenza nei Paesi sviluppati», concludono gli autori.
Meglio dunque non eccedere nell’uso e utilizzare questi farmaci soltanto se strettamente indispensabile.


Lo studio Inserm
Lo studio ha preso in considerazione quasi 9.000 persone di età superiore a 66 anni, seguiti per 6-10 anni, dimostrando come l'assunzione giornaliera di psicofarmaci per diversi mesi aumenti il rischio di sviluppare una malattia neurodegenerativa :
 una volta al giorno per 3 - 6 mesi aumenta il rischio di malattia di Alzheimer del 30%
una volta al giorno per più di sei mesi aumenta il rischio di Alzheimer del 60-80%.
Preoccupazione in Francia.


La Francia detiene il triste record di campione del mondo nel consumo di sostanze psicotrope (nel 2012, quasi 12 milioni di transalpini ne avrebbero fatto uso almeno una volta).
In particolare, le benzodiazepine sono spesso prescritte per trattare stress, ansia e disturbi del sonno: tutti sintomi che possono essere curati con metodi alternativi (fitoterapia, omeopatia, agopuntura).
Inoltre, l’approccio farmacologico "cancella" i sintomi ma non risolve il problema, sicché questi sintomi tendono a ripresentarsi dopo l'interruzione del trattamento. Questo porta spesso a prolungare la cura oltre le raccomandazioni delle autorità sanitarie (non più di 12 settimane): molti pazienti continuano ad assumerne per anni.
I pazienti, nel frattempo, devono essere consapevoli dei rischi connessi con tali trattamenti prolungati e cercare metodi di cura alternativi.
Il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani raccomanda di informarsi attentamente, di non accettare facili diagnosi psichiatriche sia per se stessi che per i propri figli, ma richiedere accurate analisi mediche.


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