In passato la terapia farmacologica e il ricorso alla
chirurgia erano considerate le uniche terapie in grado di porre rimedio ai
problemi legati all’incontinenza urinaria. Nel 1996 la Clinical Practice
Guidelines for Managing Acute and Chronic Urinary Incontinence identificò i
primi trattamenti comportamentali non invasivi efficaci per controllare i
sintomi dell’incontinenza urinaria. Negli anni successivi moltissimi studi
hanno approfondito questo argomento e oggi possiamo dire con certezza che gli
interventi comportamentali, associati alla modificazione di alcune abitudini di
vita scorrette, sono efficaci nel trattamento dell’incontinenza urinaria da
sforzo, da urgenza e mista. Garantiscono un miglior comfort al paziente
riducendo gli episodi di perdita di urina, minimizzano costi ed eventuali
complicanze al paziente e al care-giver; si adattano bene agli anziani (e non
solo) perché non sono invasivi, non presentano rischi e/o complicazioni e
perciò dovrebbero essere considerati il trattamento di prima linea per
affrontare l’incontinenza urinaria. Le uniche limitazioni includono la loro
efficacia graduale, non immediata, e una grande motivazione e aderenza da parte
del paziente .
Due studi hanno dimostrato che anche le donne anziane (con
conservata cognitività) sono buone candidate per intraprendere terapie fisiche
e trattamenti conservativi; in particolare gli esercizi dei muscoli del
pavimento pelvico e il il training vescicale si sono mostrati fattibili, ben
accettati ed efficaci nel migliorare la continenza, la forza dei muscoli
pelvici e il controllo delle minzioni .
Un importante strumento che è bene affiancare alla terapia
comportamentale è il diario minzionale che rappresenta un importante e
insostituibile mezzo per valutare le caratteristiche minzionali del paziente e
per aiutarci a comprendere i meccanismi alla base dell’incontinenza: esso
permette di valutare la capacità funzionale della vescica e di aiutare il
paziente ad effettuare le minzioni ad orario. Quando questo rivela un numero di
minzioni giornaliere molto alto (indicativamente sopra otto minzioni) o molto basso
(al di sotto di tre), dobbiamo prendere in considerazione la possibilità di
attuare degli interventi comportamentali per migliorare il modello di
eliminazione del paziente.
Il bladder training,
tradotto in addestramento vescicale, è indicato soprattutto nell’incontinenza
da urgenza, ma si è dimostrato utile anche nell’incontinenza da stress poiché
rende l’individuo maggiormente consapevole del lavoro della muscolatura pelvica
e, quindi, del meccanismo sfinteriale. Lo scopo è regolare l’intervallo tra le
emissioni di urina, aumentando progressivamente la tolleranza allo stimolo
minzionale e portando i volumi intravescicali a valori fisiologici.
In altre parole la finalità del bladder training è quella di
ottenere un ritmo minzionale fisiologico in un dato periodo di tempo (2-4
mesi), ma ciò richiede però un’attiva partecipazione del paziente, un’accurata
spiegazione da parte dei professionisti, una regolarizzazione dell’introduzione
dei liquidi e la compilazione del diario minzionale.
Solitamente si prevede di svuotare la vescica almeno al
risveglio, prima e dopo ogni pasto, prima di coricarsi e una volta di notte.
Indicativamente, si dovrebbe arrivare a intervalli di almeno due ore di giorno
e cinque ore di notte, per complessive 5-8 emissioni volontarie.
Il programma di svuotamento viene deciso insieme al paziente
e deve essere attuato progressivamente, allungando e/o riducendo gli intervalli
delle minzioni. In pratica, a seconda del modello eliminatorio individuale, si
richiede al paziente di provocare l’emissione di urina anche in assenza dello
stimolo oppure di resistere all’urgenza. Com’è intuibile, quest’ultima azione è
quella più difficile, per cui si suggerisce al paziente come trattenere lo
stimolo:
– interrompere qualsiasi attività si abbia in corso;
– rilassare l’addome;
– fare due o tre respiri diaframmatici;
– attendere 30-60 secondi fino a che l’urgenza scompare.
Un altro passo è rinforzare positivamente gli sforzi del
paziente, spiegando che i risultati arriveranno dopo vari tentativi e che è necessario
preventivare un certo numero di episodi di incontinenza.
Esercizi di rafforzamento dei muscoli del pavimento pelvico
(Kegel)
Gli esercizi di Kegel sono nati per ridurre le perdite
involontarie in caso di incontinenza da sforzo, ma hanno successivamente
dimostrato la loro efficacia anche nell’incontinenza da urgenza. Essi
migliorano la forza di chiusura uretrale attraverso esercizi attivi del muscolo
pubo-coccigeo; aumentano la consapevolezza della funzione e della forza dei
muscoli pelvici e inoltre la contrazione aumenta il sostegno alle strutture
pelviche viscerali .
Il primo passo nella riabilitazione sfinteriale è quello di
far prendere coscienza all’assistito della funzione del muscolo pelvico,
soprattutto se l’accertamento ha mostrato incapacità a riconoscere la
contrazione perineale, addominale, delle cosce e dei glutei.
In particolare, è necessario addestrare il paziente a
distinguere la contrazione dei muscoli addominali da quelli pelvici.
Operativamente si suggerisce il seguente
schema:
– spiegare alla
paziente di inserire un dito medio, guantato e lubrificato, nel retto o in
vagina e di porre l’altra mano ben aperta sopra l’ombelico;
– chiedergli di
contrarre la muscolatura in modo da indurire la parete addominale, percependo
la tensione con la mano aperta, ma non di stringere il dito;
– chiedergli poi di
stringere l’ano come a trattenere le feci o i gas, percependo il movimento con
il dito e facendo attenzione a non contrarre i muscoli dell’addome, delle gambe
o i glutei.
Altro stratagemma per far meglio comprendere i meccanismi
della continenza è di chiedere al paziente di riproporre, a vescica vuota, le
manovre che aumentano la pressione intra addominale (tossire, alzare un peso,
ecc.) concentrandosi su quali muscoli sono interessati. Un aiuto alle sedute di
addestramento è il , uno strumento in grado di segnalare quando i
muscoli del pavimento pelvico si contraggono; si compone di un cilindro
sensibile alla pressione che, una volta inserito nell’ano, attiva degli
avvisatori acustici e/o luminosi quando si chiude lo sfintere volontario. È
possibile acquisire maggiore consapevolezza del funzionamento sfinteriale
provando a interrompere il mitto. Tuttavia è bene precisare all’assistito che
tale prova non deve essere ripetuta frequentemente (più di una volta alla
settimana) perché a lungo andare può provocare ristagno sub-cronico e
sofferenza delle vie urinarie superiori.
Per essere efficaci, gli esercizi di rafforzamento devono
essere ripetuti frequentemente, fino a 30-80 contrazioni giornaliere, in
pratica inserendoli nella vita quotidiana ad ogni occasione (seduti al
telefono, lavandosi i denti, guardando la TV ecc.) piuttosto che in specifici
momenti predefiniti. Risultati positivi sono stati raggiunti con un range che
va dalle 24 alle 45 contrazioni giornaliere. Ogni seduta si compone di due tipi
di esercizi: contrazioni lente e veloci. Le prime servono a rafforzare le fibre
slow-twich, quelle deputate a mantenere la chiusura uretrale in modo costante
tutta la giornata; le seconde invece interessano le fibre fast-twich, quelle
che mantengono la continenza durante gli sforzi fisici . La ginnastica per le
fibre rapide consiste in sei cicli di 10 contrazioni consecutive della durata
di circa un secondo, intervallati da 10 secondi di pausa. Ogni ciclo per le
fibre lente, invece, consiste in cinque contrazioni di 5 secondi ciascuna,
intervallate tra loro da altri 5 secondi. L’intensità dell’esercizio è basata
sulla durata della contrazione che può essere mantenuta e il numero di
ripetizioni che possono essere compiute, e viene definita tenendo conto delle
capacità del paziente di far fronte alla fatica.
Il programma di esercizi può avere bisogno di essere
praticato per 6 – 12 mesi per realizzare un beneficio ottimale, ma miglioramenti furono visti già dopo 8
settimane.
Tutte le donne dovrebbero essere istruite ad identificare
gli eventi che con più probabilità danno luogo ad una perdita di urina, come la
tosse, il sollevamento di un peso, e prepararle intenzionalmente per questa
sfida al meccanismo di continenza: stringendo consapevolmente i muscoli pelvici
quando affrontano un’attività che causa la fuoriuscita di urina è incoraggiante
finché non diventa un’abitudine.
Durante gli esercizi di Kegel alcuni autori suggeriscono di
adottare due posizioni che dovrebbero favorire il rilassamento e la percezione
della funzionalità pelvica.
La prima è quella a farfalla: seduti a terra con le gambe
completamente ripiegate in modo che le piante dei piedi aderiscano l’una
all’altra, si tenta di divaricare completamente le gambe molleggiando
delicatamente le ginocchia verso il pavimento.
La seconda posizione è accovacciati, mantenendo però
l’intera pianta dei piedi sul terreno (se ci fossero problemi di equilibrio è
possibile sostenersi a un appiglio). Per aumentare l’efficacia e il realismo
della ginnastica, è anche possibile suggerire all’assistito di fare gli
esercizi a vescica piena, mezz’ora dopo aver bevuto due o tre bicchieri
d’acqua.
Al di là del programma di esercizi perineali specifico per
l’incontinenza, è bene ricordare alle pazienti che la muscolatura endopelvica
può essere rafforzata anche con la ginnastica in generale; inoltre l’attività
fisica spesso aiuta a prendere consapevolezza in modo diffuso delle capacità
della muscolatura volontaria. Sembra però che l’attività sportiva a livello
agonistico possa essere un fattore di rischio per l’incontinenza da sforzo,
poiché può provocare disarmonia tra la muscolatura pelvica e quella addominale;
pertanto è da suggerire la ginnastica dolce, lo yoga e le passeggiate (peraltro
più indicate in una persona anziana), mentre sono da evitare il podismo,
l’attività con i pesi e la ginnastica aerobica. Oltre agli esercizi attivi, la
muscolatura pelvica può essere sviluppata passivamente anche dalla stimolazione
elettrica, ma questo è da considerarsi un intervento già di secondo livello.
Svuotamento sollecitato (prompted voiding)
Il prompted voiding è invece la mizione stimolata a orari
predefiniti nell’arco della giornata e va di pari passo con il bladder
training. Gli elementi principali dello svuotamento sollecitato sono tre:
– il paziente
viene controllato regolarmente e gli viene chiesto di segnalare quando è
asciutto o bagnato:
– in modo
sistematico, nei momenti più probabili di pienezza vescicale, gli viene chiesto
di provare ad usare il bagno anche se non sente lo stimolo, oppure, se il
paziente è francamente disorientato, lo si accompagna e lo si siede sul WC; se
la persona è già bagnata, la si accompagna ugualmente al bagno per aiutarla a
memorizzare gli orari per la minzione;
– ogni qualvolta
l’assistito elimina correttamente, viene gratificato con un rinforzo positivo.
Accessori per l'incontineza:
Gli accessori per l’incontinenza sono prodotti appositamente
realizzati per aiutare le persone affette da problemi di controllo della
vescica o dell’intestino e che manifestano quindi delle perdite sia di urina
sia nei casi più complessi anche di feci. Infatti si parla di“incontinenza” o
di “doppia incontinenza”. L’utilizzo di questi accessori possono dare alla
persona interessata sicurezza e fiducia in sé stessa e migliorare la qualità
della propria vita.
Potrebbero essere usati provvisoriamente nel corso di una
terapia o come soluzione a lungo termine se l’incontinenza è irreversibile.
L’uso continuo di accessori per l’incontinenza dovrebbe essere controllato a
scadenze regolari per verificare che si usino i prodotti più idonei e che ve ne
sia una reale necessità. Nella persona anziana l’uso, a volte indiscriminato,
dei “pannoloni” può indurre ad una incontinenza anche quando questa risulta
essere un falso problema. In alcuni casi gli anziani avvertono ancora
autonomamente lo stimolo dell’andare in bagno ma, a volte, l’organizzazione del
lavoro è tale da indurre il personale a posizionare comunque un presidio per
l’incontinenza dicendo all’anziano che se dovesse sentire lo stimolo di non
preoccuparsi perché tanto ha il pannolone e non è necessario andare in bagno.
Questo tipo di atteggiamento, purtroppo ancora troppo frequente tra il
personale sanitario o di assistenza al domicilio, può indurre uno stato di
incontinenza che si può trasformare in una situazione irreversibile.
Di pannolini e indumenti assorbenti ce ne sono di svariate
tipologie(a mutandina, con il sistema a rete, il classico pannolone, ecc) e
sono molto utilizzati dalle persone con incontinenza. Consentono infatti di
controllare il problema e di continuare a fare vita di società a coloro che non
riescono ad ottenere la continenza con gli altri trattamenti. Nella scelta del
tipo di prodotto assorbente da utilizzare si deve tener conto di:
– abilità funzionale del paziente
– tipo di incontinenza e gravità
– disponibilità di assistenza
– eventuale fallimento di altre soluzioni
– preferenze del paziente
– integrità della cute
– eventuale presenza di comorbidità
– qualità e costo del prodotto.
I pannolini assorbenti sono di vari tipi e possono essere
indossati con il normale slip o con l’apposito slip a rete. I polimeri
assorbenti trasformano l’urina in gel e la bloccano negli strati più profondi
del fluff assorbente. La superficie, generalmente di tessuto non tessuto, si
mantiene asciutta e impedisce il contatto del bagnato con la cute, evitando
così la macerazione o il rischio di irritazione dovuto al ristagno di urina. La
scelta del tipo di presidio deve essere particolarmente oculato nel caso in cui
il paziente sia allettato onde poter contribuire, con un prodotto di buona
qualità, alla prevenzione delle ulcere da decubito. Questi prodotti sono
concepiti in modo da assorbire l’urina e trattenere perdite fecali. Sono
inoltre disponibili in varie taglie e misure con gradi diversi di assorbimento.
La scelta varia in base alla struttura del soggetto ed al tipo di incontinenza.
I pannoloni-mutandina consentono il massimo assorbimento, ma sono ingombranti e
limitano il vestiario che si può indossare. Possono essere indicati per i
pazienti allettati, ma non per chi si muove: dato l’estremo ingombro, la loro
eliminazione (per evitare incidenti vanno sostituiti almeno 4 volte al giorno)
è particolarmente complessa per esempio nei bagni pubblici.
Oltre ai pannoloni sono disponibili, come presidi per la
gestione dell’incontinenza:
Cateteri esterni per uomo (uro condom) con sistemi di
fissaggio e sacca per la raccolta delle orine anche da poter attaccare alla
coscia con un minimo ingombro. Se ben tollerato, non essendo un sistema
invasivo come il catetere vescicale può rappresentare un’ottima alternativa al
pannolone;
Traverse assorbenti, lenzuola e cerate monouso da
posizionare nel letto o sulle sedie. Sono disponibili tessuti protettivi, usa e
getta o riutilizzabili, per letti e poltrone. Questi prodotti sono realizzati
in modo tale che, se usati nel modo indicato, l’umidità viene assorbita negli
strati del materiale non a contatto con la pelle. Possono essere usati per
assorbire direttamente la perdita d’urina oppure per dare maggiore protezione
se usati in abbinamento con altri accessori per l’incontinenza.
Dispositivi di raccolta e cateteri anche se il cateterismo
vescicale, oltre a non rappresentare un presidio per prevenire l’incontinenza,
deve essere utilizzato solo quando necessario e sotto stretto controllo medico,
per le possibili infezioni che possono provocare. Da preferire sacche di
raccolta a “circuito chiuso” che impediscono il ritorno di urina in vescica;
Per la corretta scelta e gestione del presidio vi
consigliamo di rivolgervi al vostro specialista di fiducia.
Fonte:
Anziani e Vita
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