mercoledì 5 novembre 2014

Incontinenza urinaria: tecniche comportamentali e assistenza



In passato la terapia farmacologica e il ricorso alla chirurgia erano considerate le uniche terapie in grado di porre rimedio ai problemi legati all’incontinenza urinaria. Nel 1996 la Clinical Practice Guidelines for Managing Acute and Chronic Urinary Incontinence identificò i primi trattamenti comportamentali non invasivi efficaci per controllare i sintomi dell’incontinenza urinaria. Negli anni successivi moltissimi studi hanno approfondito questo argomento e oggi possiamo dire con certezza che gli interventi comportamentali, associati alla modificazione di alcune abitudini di vita scorrette, sono efficaci nel trattamento dell’incontinenza urinaria da sforzo, da urgenza e mista. Garantiscono un miglior comfort al paziente riducendo gli episodi di perdita di urina, minimizzano costi ed eventuali complicanze al paziente e al care-giver; si adattano bene agli anziani (e non solo) perché non sono invasivi, non presentano rischi e/o complicazioni e perciò dovrebbero essere considerati il trattamento di prima linea per affrontare l’incontinenza urinaria. Le uniche limitazioni includono la loro efficacia graduale, non immediata, e una grande motivazione e aderenza da parte del paziente .
Due studi hanno dimostrato che anche le donne anziane (con conservata cognitività) sono buone candidate per intraprendere terapie fisiche e trattamenti conservativi; in particolare gli esercizi dei muscoli del pavimento pelvico e il il training vescicale si sono mostrati fattibili, ben accettati ed efficaci nel migliorare la continenza, la forza dei muscoli pelvici e il controllo delle minzioni .
Un importante strumento che è bene affiancare alla terapia comportamentale è il diario minzionale che rappresenta un importante e insostituibile mezzo per valutare le caratteristiche minzionali del paziente e per aiutarci a comprendere i meccanismi alla base dell’incontinenza: esso permette di valutare la capacità funzionale della vescica e di aiutare il paziente ad effettuare le minzioni ad orario. Quando questo rivela un numero di minzioni giornaliere molto alto (indicativamente sopra otto minzioni) o molto basso (al di sotto di tre), dobbiamo prendere in considerazione la possibilità di attuare degli interventi comportamentali per migliorare il modello di eliminazione del paziente.



Il bladder training, tradotto in addestramento vescicale, è indicato soprattutto nell’incontinenza da urgenza, ma si è dimostrato utile anche nell’incontinenza da stress poiché rende l’individuo maggiormente consapevole del lavoro della muscolatura pelvica e, quindi, del meccanismo sfinteriale. Lo scopo è regolare l’intervallo tra le emissioni di urina, aumentando progressivamente la tolleranza allo stimolo minzionale e portando i volumi intravescicali a valori fisiologici.
In altre parole la finalità del bladder training è quella di ottenere un ritmo minzionale fisiologico in un dato periodo di tempo (2-4 mesi), ma ciò richiede però un’attiva partecipazione del paziente, un’accurata spiegazione da parte dei professionisti, una regolarizzazione dell’introduzione dei liquidi e la compilazione del diario minzionale.
Solitamente si prevede di svuotare la vescica almeno al risveglio, prima e dopo ogni pasto, prima di coricarsi e una volta di notte. Indicativamente, si dovrebbe arrivare a intervalli di almeno due ore di giorno e cinque ore di notte, per complessive 5-8 emissioni volontarie.


Il programma di svuotamento viene deciso insieme al paziente e deve essere attuato progressivamente, allungando e/o riducendo gli intervalli delle minzioni. In pratica, a seconda del modello eliminatorio individuale, si richiede al paziente di provocare l’emissione di urina anche in assenza dello stimolo oppure di resistere all’urgenza. Com’è intuibile, quest’ultima azione è quella più difficile, per cui si suggerisce al paziente come trattenere lo stimolo:

– interrompere qualsiasi attività si abbia in corso;
– rilassare l’addome;
– fare due o tre respiri diaframmatici;
– attendere 30-60 secondi fino a che l’urgenza scompare.

Un altro passo è rinforzare positivamente gli sforzi del paziente, spiegando che i risultati arriveranno dopo vari tentativi e che è necessario preventivare un certo numero di episodi di incontinenza.



Esercizi di rafforzamento dei muscoli del pavimento pelvico (Kegel) 
Gli esercizi di Kegel sono nati per ridurre le perdite involontarie in caso di incontinenza da sforzo, ma hanno successivamente dimostrato la loro efficacia anche nell’incontinenza da urgenza. Essi migliorano la forza di chiusura uretrale attraverso esercizi attivi del muscolo pubo-coccigeo; aumentano la consapevolezza della funzione e della forza dei muscoli pelvici e inoltre la contrazione aumenta il sostegno alle strutture pelviche viscerali .
Il primo passo nella riabilitazione sfinteriale è quello di far prendere coscienza all’assistito della funzione del muscolo pelvico, soprattutto se l’accertamento ha mostrato incapacità a riconoscere la contrazione perineale, addominale, delle cosce e dei glutei.
In particolare, è necessario addestrare il paziente a distinguere la contrazione dei muscoli addominali da quelli pelvici. Operativamente si suggerisce  il seguente schema:
–  spiegare alla paziente di inserire un dito medio, guantato e lubrificato, nel retto o in vagina e di porre l’altra mano ben aperta sopra l’ombelico;
–  chiedergli di contrarre la muscolatura in modo da indurire la parete addominale, percependo la tensione con la mano aperta, ma non di stringere il dito;
–  chiedergli poi di stringere l’ano come a trattenere le feci o i gas, percependo il movimento con il dito e facendo attenzione a non contrarre i muscoli dell’addome, delle gambe o i glutei.
Altro stratagemma per far meglio comprendere i meccanismi della continenza è di chiedere al paziente di riproporre, a vescica vuota, le manovre che aumentano la pressione intra addominale (tossire, alzare un peso, ecc.) concentrandosi su quali muscoli sono interessati. Un aiuto alle sedute di addestramento è il , uno strumento in grado di segnalare quando i muscoli del pavimento pelvico si contraggono; si compone di un cilindro sensibile alla pressione che, una volta inserito nell’ano, attiva degli avvisatori acustici e/o luminosi quando si chiude lo sfintere volontario. È possibile acquisire maggiore consapevolezza del funzionamento sfinteriale provando a interrompere il mitto. Tuttavia è bene precisare all’assistito che tale prova non deve essere ripetuta frequentemente (più di una volta alla settimana) perché a lungo andare può provocare ristagno sub-cronico e sofferenza delle vie urinarie superiori.
Per essere efficaci, gli esercizi di rafforzamento devono essere ripetuti frequentemente, fino a 30-80 contrazioni giornaliere, in pratica inserendoli nella vita quotidiana ad ogni occasione (seduti al telefono, lavandosi i denti, guardando la TV ecc.) piuttosto che in specifici momenti predefiniti. Risultati positivi sono stati raggiunti con un range che va dalle 24 alle 45 contrazioni giornaliere. Ogni seduta si compone di due tipi di esercizi: contrazioni lente e veloci. Le prime servono a rafforzare le fibre slow-twich, quelle deputate a mantenere la chiusura uretrale in modo costante tutta la giornata; le seconde invece interessano le fibre fast-twich, quelle che mantengono la continenza durante gli sforzi fisici . La ginnastica per le fibre rapide consiste in sei cicli di 10 contrazioni consecutive della durata di circa un secondo, intervallati da 10 secondi di pausa. Ogni ciclo per le fibre lente, invece, consiste in cinque contrazioni di 5 secondi ciascuna, intervallate tra loro da altri 5 secondi. L’intensità dell’esercizio è basata sulla durata della contrazione che può essere mantenuta e il numero di ripetizioni che possono essere compiute, e viene definita tenendo conto delle capacità del paziente di far fronte alla fatica.
Il programma di esercizi può avere bisogno di essere praticato per 6 – 12 mesi per realizzare un beneficio ottimale,  ma miglioramenti furono visti già dopo 8 settimane.
Tutte le donne dovrebbero essere istruite ad identificare gli eventi che con più probabilità danno luogo ad una perdita di urina, come la tosse, il sollevamento di un peso, e prepararle intenzionalmente per questa sfida al meccanismo di continenza: stringendo consapevolmente i muscoli pelvici quando affrontano un’attività che causa la fuoriuscita di urina è incoraggiante finché non diventa un’abitudine.
Durante gli esercizi di Kegel alcuni autori suggeriscono di adottare due posizioni che dovrebbero favorire il rilassamento e la percezione della funzionalità pelvica.
La prima è quella a farfalla: seduti a terra con le gambe completamente ripiegate in modo che le piante dei piedi aderiscano l’una all’altra, si tenta di divaricare completamente le gambe molleggiando delicatamente le ginocchia verso il pavimento.
La seconda posizione è accovacciati, mantenendo però l’intera pianta dei piedi sul terreno (se ci fossero problemi di equilibrio è possibile sostenersi a un appiglio). Per aumentare l’efficacia e il realismo della ginnastica, è anche possibile suggerire all’assistito di fare gli esercizi a vescica piena, mezz’ora dopo aver bevuto due o tre bicchieri d’acqua.


Al di là del programma di esercizi perineali specifico per l’incontinenza, è bene ricordare alle pazienti che la muscolatura endopelvica può essere rafforzata anche con la ginnastica in generale; inoltre l’attività fisica spesso aiuta a prendere consapevolezza in modo diffuso delle capacità della muscolatura volontaria. Sembra però che l’attività sportiva a livello agonistico possa essere un fattore di rischio per l’incontinenza da sforzo, poiché può provocare disarmonia tra la muscolatura pelvica e quella addominale; pertanto è da suggerire la ginnastica dolce, lo yoga e le passeggiate (peraltro più indicate in una persona anziana), mentre sono da evitare il podismo, l’attività con i pesi e la ginnastica aerobica. Oltre agli esercizi attivi, la muscolatura pelvica può essere sviluppata passivamente anche dalla stimolazione elettrica, ma questo è da considerarsi un intervento già di secondo livello.

Svuotamento sollecitato (prompted voiding)
Il prompted voiding è invece la mizione stimolata a orari predefiniti nell’arco della giornata e va di pari passo con il bladder training. Gli elementi principali dello svuotamento sollecitato sono tre:
–       il paziente viene controllato regolarmente e gli viene chiesto di segnalare quando è asciutto o bagnato:
–       in modo sistematico, nei momenti più probabili di pienezza vescicale, gli viene chiesto di provare ad usare il bagno anche se non sente lo stimolo, oppure, se il paziente è francamente disorientato, lo si accompagna e lo si siede sul WC; se la persona è già bagnata, la si accompagna ugualmente al bagno per aiutarla a memorizzare gli orari per la minzione;
–       ogni qualvolta l’assistito elimina correttamente, viene gratificato con un rinforzo positivo.  

 
Accessori per l'incontineza:

Gli accessori per l’incontinenza sono prodotti appositamente realizzati per aiutare le persone affette da problemi di controllo della vescica o dell’intestino e che manifestano quindi delle perdite sia di urina sia nei casi più complessi anche di feci. Infatti si parla di“incontinenza” o di “doppia incontinenza”. L’utilizzo di questi accessori possono dare alla persona interessata sicurezza e fiducia in sé stessa e migliorare la qualità della propria vita.


Potrebbero essere usati provvisoriamente nel corso di una terapia o come soluzione a lungo termine se l’incontinenza è irreversibile. L’uso continuo di accessori per l’incontinenza dovrebbe essere controllato a scadenze regolari per verificare che si usino i prodotti più idonei e che ve ne sia una reale necessità. Nella persona anziana l’uso, a volte indiscriminato, dei “pannoloni” può indurre ad una incontinenza anche quando questa risulta essere un falso problema. In alcuni casi gli anziani avvertono ancora autonomamente lo stimolo dell’andare in bagno ma, a volte, l’organizzazione del lavoro è tale da indurre il personale a posizionare comunque un presidio per l’incontinenza dicendo all’anziano che se dovesse sentire lo stimolo di non preoccuparsi perché tanto ha il pannolone e non è necessario andare in bagno. Questo tipo di atteggiamento, purtroppo ancora troppo frequente tra il personale sanitario o di assistenza al domicilio, può indurre uno stato di incontinenza che si può trasformare in una situazione irreversibile.

Di pannolini e indumenti assorbenti ce ne sono di svariate tipologie(a mutandina, con il sistema a rete, il classico pannolone, ecc) e sono molto utilizzati dalle persone con incontinenza. Consentono infatti di controllare il problema e di continuare a fare vita di società a coloro che non riescono ad ottenere la continenza con gli altri trattamenti. Nella scelta del tipo di prodotto assorbente da utilizzare si deve tener conto di:
– abilità funzionale del paziente
– tipo di incontinenza e gravità
– disponibilità di assistenza
– eventuale fallimento di altre soluzioni
– preferenze del paziente
– integrità della cute
– eventuale presenza di comorbidità
– qualità e costo del prodotto.


I pannolini assorbenti sono di vari tipi e possono essere indossati con il normale slip o con l’apposito slip a rete. I polimeri assorbenti trasformano l’urina in gel e la bloccano negli strati più profondi del fluff assorbente. La superficie, generalmente di tessuto non tessuto, si mantiene asciutta e impedisce il contatto del bagnato con la cute, evitando così la macerazione o il rischio di irritazione dovuto al ristagno di urina. La scelta del tipo di presidio deve essere particolarmente oculato nel caso in cui il paziente sia allettato onde poter contribuire, con un prodotto di buona qualità, alla prevenzione delle ulcere da decubito. Questi prodotti sono concepiti in modo da assorbire l’urina e trattenere perdite fecali. Sono inoltre disponibili in varie taglie e misure con gradi diversi di assorbimento. La scelta varia in base alla struttura del soggetto ed al tipo di incontinenza. I pannoloni-mutandina consentono il massimo assorbimento, ma sono ingombranti e limitano il vestiario che si può indossare. Possono essere indicati per i pazienti allettati, ma non per chi si muove: dato l’estremo ingombro, la loro eliminazione (per evitare incidenti vanno sostituiti almeno 4 volte al giorno) è particolarmente complessa per esempio nei bagni pubblici.

Oltre ai pannoloni sono disponibili, come presidi per la gestione dell’incontinenza:
Cateteri esterni per uomo (uro condom) con sistemi di fissaggio e sacca per la raccolta delle orine anche da poter attaccare alla coscia con un minimo ingombro. Se ben tollerato, non essendo un sistema invasivo come il catetere vescicale può rappresentare un’ottima alternativa al pannolone;
Traverse assorbenti, lenzuola e cerate monouso da posizionare nel letto o sulle sedie. Sono disponibili tessuti protettivi, usa e getta o riutilizzabili, per letti e poltrone. Questi prodotti sono realizzati in modo tale che, se usati nel modo indicato, l’umidità viene assorbita negli strati del materiale non a contatto con la pelle. Possono essere usati per assorbire direttamente la perdita d’urina oppure per dare maggiore protezione se usati in abbinamento con altri accessori per l’incontinenza.


Dispositivi di raccolta e cateteri anche se il cateterismo vescicale, oltre a non rappresentare un presidio per prevenire l’incontinenza, deve essere utilizzato solo quando necessario e sotto stretto controllo medico, per le possibili infezioni che possono provocare. Da preferire sacche di raccolta a “circuito chiuso” che impediscono il ritorno di urina in vescica;
Per la corretta scelta e gestione del presidio vi consigliamo di rivolgervi al vostro specialista di fiducia.

Fonte: Anziani e Vita


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