Uno dei mali, purtroppo, più diffusi tra le donne è il tumore al seno.
Il cancro al
seno, è una malattia caratterizzata dalla presenza di cellule neoplastiche
(maligne) nel tessuto mammario. La ghiandola mammaria è
costituita da 15-20 lobi, che a loro volta si distinguono in unità più
piccole dette lobuli. I lobi e i lobuli sono collegati fra loro da
piccoli canali detti dotti.
Di seguito tutto ciò che da sapere tratto dal sito dell'AIRC Associazione Italiana Ricerca sul Cancro
Il
seno è costituito da un insieme di ghiandole e tessuto adiposo ed è posto tra
la pelle e la parete del torace.
In realtà non è una ghiandola
sola, ma un insieme di strutture ghiandolari, chiamate lobuli, unite tra loro a
formare un lobo. In un
seno vi sono da 15 a 20 lobi. Il latte giunge al capezzolo dai lobuli
attraverso piccoli tubi chiamati dotti galattofori (o lattiferi).
Il
tumore al seno è una malattia potenzialmente grave se non è individuata e
curata per tempo. È dovuto alla moltiplicazione incontrollata di alcune cellule
della ghiandola mammaria che si trasformano in cellule maligne.
Ciò
significa che hanno la capacità di staccarsi dal tessuto che le ha generate per
invadere i tessuti circostanti e, col tempo, anche gli altri organi del corpo.
In teoria si possono formare tumori da tutti i tipi di tessuti del seno,
ma i più frequenti nascono dalle
cellule ghiandolari (dai lobuli) o da quelle che formano la parete dei dotti.
Tipologie
Sono due i tipi di cancro del seno: le forme non
invasive e quelle invasive.
Le forme non invasive sono le seguenti:
Le forme non invasive sono le seguenti:
DIN:
neoplasia duttale intraepiteliale (carcinoma in situ)
Grado 1A
(DIN 1A) = atipia epiteliale piatta
Grado 1B
(DIN 1B) = iperplasia duttale atipica
Grado 1C
(DIN 1C) = neoplasia duttale intraepiteliale ben differenziato (grado 1)
Grado 2
(DIN 2) = neoplasia duttale intraepiteliale moderatamente differenziato (grado
2)
Grado 3
(DIN 3) = neoplasia duttale intraepiteliale scarsamente differenziato (grado 3)
LIN: neoplasia lobulare intraepiteliale
LIN 1
neoplasia lobulare intraepiteliale grado 1
LIN 2
neoplasia lobulare intraepiteliale grado 2
LIN 3
neoplasia lobulare intraepiteliale in situ
Le forme invasive sono:
il carcinoma duttale: si chiama così
quando supera la parete del dotto. Rappresenta tra il 70 e l'80 per cento di
tutte le forme di cancro del seno.
il carcinoma lobulare: si
chiama così quando il tumore supera la parete del lobulo. Rappresenta il 10-15
per cento di tutti i cancri del seno. Può colpire contemporaneamente ambedue i
seni o comparire in più punti nello stesso seno.
Altre
forme di carcinoma meno frequenti sono il carcinoma tubulare, papillare, mucinoso, cribriforme. Hanno prognosi favorevole.
IIl tumore del seno viene classificato in cinque
stadi.
Stadio 0: è
chiamato anche carcinoma in situ. Può essere di due tipi:
Carcinoma
lobulare in situ: non è un tumore aggressivo ma può rappresentare un fattore di
rischio per la formazione successiva di una lesione maligna.
Carcinoma
duttale in situ: colpisce le cellule dei dotti e aumenta il rischio di avere un
cancro nello stesso seno.
Stadio I: è un
cancro in fase iniziale, con meno di 2 cm di diametro e senza coinvolgimento
dei linfonodi.
Stadio II: è un
cancro in fase iniziale di meno di 2 cm di diametro che però ha già coinvolto i
linfonodi sotto l'ascella; oppure è un tumore di più di 2 cm di diametro senza
coinvolgimento dei linfonodi.
Stadio III: è un
tumore localmente avanzato, di dimensioni variabili, ma che ha coinvolto già
anche i linfonodi sotto l'ascella, oppure che coinvolge i tessuti vicini al
seno (per esempio la pelle).
Stadio IV: è un
cancro già metastatizzato che ha coinvolto altri organi al di fuori del seno.
Se il tumore viene
identificato allo stadio 0, la sopravvivenza a cinque anni nelle donne
trattate è del 98 per cento, anche se le ricadute
variano tra il 9 e il 30 per cento dei casi, a seconda della terapia
effettuata. Se i linfonodi sono positivi, cioè contengono cellule tumorali, la
sopravvivenza a cinque anni è del 75 per cento.
Nel cancro metastatizzato, cioè quello che ha già colpito altri organi al di fuori del seno (in genere i polmoni, il fegato e le ossa), la sopravvivenza media delle pazienti curate con chemioterapia è di due anni, ma ciò significa che vi sono casi in cui la sopravvivenza è molto più lunga, anche fino a dieci anni.
Nel cancro metastatizzato, cioè quello che ha già colpito altri organi al di fuori del seno (in genere i polmoni, il fegato e le ossa), la sopravvivenza media delle pazienti curate con chemioterapia è di due anni, ma ciò significa che vi sono casi in cui la sopravvivenza è molto più lunga, anche fino a dieci anni.
In genere le forme iniziali
di tumore del seno non provocano dolore. Uno
studio effettuato su quasi mille donne con dolore al seno ha dimostrato che
solo lo 0,4 per cento di esse aveva una lesione maligna, mentre nel 12,3 per
cento erano presenti lesioni benigne (come le cisti)
e nel resto dei casi non vi era alcuna lesione.
Il dolore era provocato solo dalle naturali variazioni degli ormoni durante il ciclo.
Il dolore era provocato solo dalle naturali variazioni degli ormoni durante il ciclo.
Da cercare, invece, sono gli
eventuali noduli palpabili o addirittura visibili. La metà dei casi
di tumore del seno si presenta nel quadrante superiore esterno della mammella.
Importante segnalare al medico anche alterazioni del
capezzolo (in fuori o in dentro), perdite da un capezzolo solo (se la perdita è
bilaterale il più delle volte la causa è ormonale), cambiamenti della pelle
(aspetto a buccia d'arancia localizzato) o della forma del seno.
La maggior parte dei tumori del seno, però, non dà
segno di sé e si vede solo con la mammografia (nella
donna giovane, tra i 30 e i 45 anni, con l'aiuto anche dell'ecografia).
Il cancro del seno viene diagnosticato con la mammografia e l'ecografia mammaria: la scelta di quale
dei due esami utilizzare dipende dall'età, anche se nella maggior parte dei
casi si utilizzano entrambi.
L'eventuale identificazione di noduli o
formazioni sospette porta in genere il medico a consigliare una biopsia, che può essere eseguita
direttamente in sala operatoria o in ambulatorio con un prelievo mediante un ago inserito nel
nodulo che consente un esame
citologico o microistologico.
Nel primo caso (esame citologico) si esaminano le cellule, nel secondo
(microistologico) il tessuto: questi esami consentono sia di stabilire la
natura della malattia, sia, con la microistologia, di valutarne le
caratteristiche biologiche.
Quasi tutte le donne con un tumore del seno,
indipendentemente dallo stadio, subiscono un intervento chirurgico per rimuovere i tessuti malati.
Nei casi in cui ciò è possibile si ricorre alla chirurgia conservativa, cioè si salva
il seno, ma si asporta tutta la parte in cui si trova la lesione. Questa
tecnica è chiamata anche quadrantectomia (o ampia resezione
mammaria) e consiste nella asportazione del tessuto mammario che circoscrive la
neoplasia. Deve essere seguita da una radioterapia, che ha lo scopo di
proteggere la restante ghiandola mammaria sia dal rischio di recidiva locale
sia dalla comparsa di una nuova neoplasia mammaria.
Durante l'intervento il chirurgo può anche procedere
ad asportare i linfonodi dell'ascella. Per sapere se questi sono
coinvolti si usa la tecnica del linfonodo
sentinella, cioè si identifica il linfonodo che drena la linfa dall'area
dove è situato il tumore. Se all'analisi al microscopio il linfonodo sentinella
risulta privo di cellule tumorali o ne presenta un piccolissimo aggregato
(micro metastasi), non si toccano gli altri, altrimenti si procede allo
svuotamento del cavo ascellare, cioè alla rimozione di tutti i linfonodi
ascellari.
Talvolta è necessario asportare più di un quadrante di
seno: in questo caso si parla di mastectomia
parziale osegmentale e
anch'essa viene fatta seguire dalla radioterapia. Nelle forme iniziali di cancro (stadio I e II), la
quadrantectomia seguita da radioterapia è altrettanto efficace
dell'asportazione del seno. La maggior parte delle pazienti con neoplasia
intraepiteliale segue lo stesso percorso.
Forme più avanzate di cancro vengono trattate con
l'asportazione dell'intero seno, secondo una tecnica chiamata mastectomia
radicale modificata, che prevede l'asportazione della ghiandola, del linfonodo
sentinella e/o di tutti i linfonodi sotto l'ascella, raramente di parte o di
tutto il muscolo pettorale e spesso anche della pelle sovrastante. In molti
casi oggi è possibile salvare il capezzolo e gran parte della cute con la
tecnica della mastectomia che conserva il complesso areola e capezzolo (nipple
sparing mastectomy). La zona areolare viene protetta con una dose di
radioterapia mirata che può essere erogata direttamente in sala operatoria nei
giorni successivi.
Sia con la chirurgia conservativa e sia nel caso di
mastectomia si procede alla ricostruzione del seno: in
rari casi, se la donna deve sottoporsi a radioterapia, si tende ad aspettare la
fine della terapia, che può interferire con la cicatrizzazione, altrimenti si
procede alla plastica del seno nel corso dell'intervento stesso.
Dopo l'intervento chirurgico un'accurata valutazione
istologica e biologica è la base per definire le terapie mediche precauzionali
per ridurre al minimo il rischio che la malattia possa colpire altri organi
(metastasi a distanza).
Per questa ragione alla maggior parte delle pazienti
viene proposta una terapia con farmaci anticancro.
La chemioterapia è utile, ma non sempre è
necessaria e va prescritta dopo una valutazione personalizzata di ogni caso. Si
prescrive anche nelle forme iniziali (stadio I e II) a scopo precauzionale e il
guadagno, in termini di anni di sopravvivenza, è maggiore rispetto alle forme
di tumore più avanzato. Negli ultimi anni si è diffuso anche l'uso della chemioterapia neoadiuvante, ovvero
somministrata prima dell'intervento per ridurre la dimensione e l'aggressività
del tumore.
La radioterapia dura pochi minuti e va
ripetuta per cinque giorni la settimana, fino a cinque-sei settimane di
seguito. In genere il trattamento radioterapico può essere combinato all'uso di
farmaci.
Quando un tumore del seno
viene asportato, viene mandato in laboratorio per studiare le caratteristiche
biologiche, in particolare lo stato dei recettori, per gli estrogeni e per il progesterone, due degli ormoni femminili. Le
pazienti il cui tumore è positivo per i recettori degli estrogeni possono utilizzare farmaci che
bloccano gli estrogeni come il tamoxifene, che viene
prescritto in pillole per cinque anni dopo l'intervento. Nelle donne in età
fertile questo farmaco viene spesso associato ad un inibitore LH-RH analogo che
induce una menopausa temporanea.
Vengono utilizzati anche altri farmaci con la stessa
funzione, chiamati inibitori delle
aromatasi, per ora riservati alle donne che
sono già in menopausa. Il
tumore viene esaminato dall'anatomo patologo anche per individuare la presenza di un recettore chiamato HER-2/neu.
Se questo è presente in modo significativo è maggiore il rischio di incorrere
in una ricaduta. Per questa ragione si propone, da qualche anno, alle donne positive
per questo esame, di prendere un farmaco biologico chiamato trastuzumab,
una sostanza che blocca i recettori e impedisce al tumore di crescere. Altri farmaci biologici sono allo
studio.
Vi sono diversi fattori di rischio per il cancro al seno,
alcuni dei quali prevenibili.
L'età :
più del 75% dei casi di tumore del seno colpisce donne sopra i 50 anni.
La familiarità :
circa il 5-7% delle donne con tumore al seno ha più di un familiare stretto
malato (soprattutto nei casi giovanili).
Vi sono anche alcuni geni che predispongono a questo
tipo di tumore: sono il BRCA1 e il BRCA2. Le mutazioni di questi geni sono responsabili del 50 per cento circa
delle forme ereditarie di cancro del seno e dell'ovaio.
Gli ormoni:
svariati studi hanno dimostrato che un uso eccessivo di estrogeni (gli ormoni
femminili per eccellenza) facilitano la comparsa del cancro al seno. Per questo
tutti i fattori che ne aumentano la presenza hanno un effetto negativo e
viceversa (per esempio, le gravidanze, che riducono la produzione degli
estrogeni da parte dell'organismo, hanno un effetto protettivo).
Le alterazioni
del seno, le cisti e i fibroadenomi che si possono rilevare con un
esame del seno non aumentano il rischio di cancro. Sono invece da tenere sotto
controllo i seni che alle prime mammografie dimostrano un tessuto molto denso o
addirittura una forma benigna di crescita cellulare chiamata iperplasia del
seno.
Anche l'obesità e il fumo hanno effetti negativi.
Se il disturbo è benigno
Molte donne di età compresa tra i 30 e i 50 anni mostrano segni di displasia mammaria, un'alterazione benigna dei tessuti del seno che non ha nulla a che vedere col tumore ma che può suscitare qualche preoccupazione al momento della diagnosi. Esistono diverse forme di displasia, la più comune delle quali è la malattia fibrocistica.
Nella displasia fibrocistica a piccole cisti, più frequente tra i 30 e i 40 anni, sono presenti cisti piccole, ripiene di liquido, più evidenti durante il periodo premestruale. Può essere presente dolore. Nella displasia a grosse cisti, più frequente nelle donne tra i 40 e i 50 anni, si osserva la presenza di una o più grandi cisti, di forma rotondeggiante, a contenuto liquido.
Il tumore benigno più frequente è, invece, il fibroadenoma che compare soprattutto tra i 25 e i 30 anni. Si presenta come un singolo nodulo, duro e molto mobile, generalmente doloroso.
I sintomi che accompagnano le displasie e i fibroadenomi sono:
• senso di tensione al seno;
• dolore della mammella;
• comparsa di noduli che la donna può "sentire" con la mano.
Molte donne di età compresa tra i 30 e i 50 anni mostrano segni di displasia mammaria, un'alterazione benigna dei tessuti del seno che non ha nulla a che vedere col tumore ma che può suscitare qualche preoccupazione al momento della diagnosi. Esistono diverse forme di displasia, la più comune delle quali è la malattia fibrocistica.
Nella displasia fibrocistica a piccole cisti, più frequente tra i 30 e i 40 anni, sono presenti cisti piccole, ripiene di liquido, più evidenti durante il periodo premestruale. Può essere presente dolore. Nella displasia a grosse cisti, più frequente nelle donne tra i 40 e i 50 anni, si osserva la presenza di una o più grandi cisti, di forma rotondeggiante, a contenuto liquido.
Il tumore benigno più frequente è, invece, il fibroadenoma che compare soprattutto tra i 25 e i 30 anni. Si presenta come un singolo nodulo, duro e molto mobile, generalmente doloroso.
I sintomi che accompagnano le displasie e i fibroadenomi sono:
• senso di tensione al seno;
• dolore della mammella;
• comparsa di noduli che la donna può "sentire" con la mano.
Quanto è diffuso
Il tumore al seno colpisce 1
donna su 8 nell'arco della vita. È
il tumore più frequente nel sesso femminile e rappresenta il 29 per cento di
tutti i tumori che colpiscono le donne.
È la prima causa di mortalità per tumore nel sesso
femminile, con un tasso di mortalità del 16 per cento di tutti i decessi per
causa oncologica.
È possibile ridurre il
proprio rischio di ammalarsi con un comportamento attento e con pochi esami di
controllo elencati più sotto. È
bene fareesercizio fisico e
alimentarsi con pochi grassi e
molti vegetali (frutta e verdura, in particolare broccoli e cavoli,
cipolle, tè verde e pomodori).
Anche allattare
i figli aiuta a combattere il tumore del seno, perché l'allattamento consente alla cellula
del seno di completare la sua maturazione e quindi di essere più resistente a
eventuali trasformazioni neoplastiche.
La mammografia è
il metodo attualmente più efficace per la diagnosi precoce. L'Osservatorio nazionale
screening, dipendente dal Ministero, suggerisce una mammografia ogni
2 anni, dai 50 ai 69 anni di età, ma la cadenza può variare a seconda delle
considerazioni del medico sulla storia personale di ogni donna. Nelle donne che
hanno avuto una madre o una sorella malata in genere si comincia prima, verso i
40-45 anni.
L'ecografia è
un esame molto utile per esaminare il seno giovane, dato che in questo caso la
mammografia non è adatta. Si consiglia di farvi ricorso, su suggerimento del
medico, in caso di comparsa di noduli.
La visita:
è buona abitudine fare una visita del seno presso un ginecologo o un medico
esperto almeno una volta l'anno, indipendentemente dall'età.
L'autopalpazione:
è una tecnica che consente alla donna di individuare precocemente eventuali
trasformazioni del proprio seno. La sua efficacia in termini di screening è
però molto bassa: questo significa che costituisce un di più rispetto alla sola
visita e alla mammografia a partire dall'età consigliata, ma non può
sostituirle.
La dieta preventiva
Diversi studi scientifici hanno dimostrato l'utilità di una dieta particolare nella prevenzione delle ricadute del cancro del seno in donne già colpite. Ora si sta valutando l'utilità della stessa dieta nella prevenzione primaria, ovvero in chi non ha ancora sviluppato la malattia. Alla base di questa alimentazione c'è un apporto elevato di fitoestrogeni (ormoni vegetali simili agli estrogeni femminili che sono contenuti principalmente nella soia e nei suoi derivati, ma anche nelle alghe, nei semi di lino, nel cavolo, nei legumi, nei frutti di bosco, nei cereali integrali). Inoltre vanno limitati gli zuccheri raffinati, che hanno l'effetto di innalzare l'insulina nel sangue e quindi di indurre il diabete, a favore di zuccheri grezzi e di amidi.
Ancora: si consiglia di consumare molte crucifere (rape, senape, rucola, cavolfiore, cavolini di Bruxelles, ravanelli, cavolo) perché agiscono in modo positivo nei confronti del metabolismo degli ormoni.
Infine è bene privilegiare il pesce rispetto alle altre proteine animali, accompagnato da grandi quantità di fibre (attraverso il consumo di frutta, cereali, verdura, legumi). Da limitare l'apporto di latticini e uova, tenendo però d'occhio la quantità totale di calcio per prevenire l'osteoporosi.
Diversi studi scientifici hanno dimostrato l'utilità di una dieta particolare nella prevenzione delle ricadute del cancro del seno in donne già colpite. Ora si sta valutando l'utilità della stessa dieta nella prevenzione primaria, ovvero in chi non ha ancora sviluppato la malattia. Alla base di questa alimentazione c'è un apporto elevato di fitoestrogeni (ormoni vegetali simili agli estrogeni femminili che sono contenuti principalmente nella soia e nei suoi derivati, ma anche nelle alghe, nei semi di lino, nel cavolo, nei legumi, nei frutti di bosco, nei cereali integrali). Inoltre vanno limitati gli zuccheri raffinati, che hanno l'effetto di innalzare l'insulina nel sangue e quindi di indurre il diabete, a favore di zuccheri grezzi e di amidi.
Ancora: si consiglia di consumare molte crucifere (rape, senape, rucola, cavolfiore, cavolini di Bruxelles, ravanelli, cavolo) perché agiscono in modo positivo nei confronti del metabolismo degli ormoni.
Infine è bene privilegiare il pesce rispetto alle altre proteine animali, accompagnato da grandi quantità di fibre (attraverso il consumo di frutta, cereali, verdura, legumi). Da limitare l'apporto di latticini e uova, tenendo però d'occhio la quantità totale di calcio per prevenire l'osteoporosi.
Fonte: www.airc.it/tumori/tumore-al-seno.asp
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